Apprendiamo dagli organi di stampa che il Parco di Porto Conte intende bloccare il progetto per la sostituzione della centralina per il monitoraggio della radioattività a Capo Caccia, chiedendo lo stop al bando di gara pubblicato nei giorni scorsi sulla Gazzetta Ufficiale.
Rimaniamo sbigottiti e non fosse vero ci sarebbe da ridere.
Ci chiediamo quanto siano informati sul tipo di intervento in oggetto benché, nello stesso articolo, il Direttore dica di aver letto le carte. A noi, e a qualsiasi semplice cittadino, è bastato andare sul sito di Invitalia per scaricare i documenti ufficiali e constatare che si tratta della sostituzione di una stazione di monitoraggio vecchia con una nuova e che lo smaltimento del vecchio “shelter” (una sorta di piccolo container) e della strumentazione in esso contenuta sia uno (e il primo) degli elementi di valutazione del bando.
Cerchiamo di fare chiarezza, nell’area in questione, di pertinenza dell’Aeronautica Militare, è presente una stazione metereologica già dagli anni 70 del secolo scorso. Dopo gli accadimenti di Chernobyl l’Italia ed altri paesi hanno incrementato il numero di stazioni di misura della radioattività sui propri territori; una di queste stazioni è ubicata a Capo Caccia proprio dove si trova la stazione metereologica.
La rete di monitoraggio nazionale della radioattività si chiama REMRAD, composta da sette stazioni dislocate in varie parti d’Italia, in presidi dell’Aeronautica Militare e collegate ad un centro di controllo situato nel Lazio.
Il bando “incriminato”, del quale il direttore chiede formalmente il ritiro, prevede la sostituzione della vecchia centralina con una nuova e sicuramente più sofisticata. Potete trovare gli estremi del bando qui Sito Invitalia
Davvero incomprensibile questa uscita estemporanea ed estremamente cautelativa da parte di chi ha gestito il Parco in questi anni caratterizzati da una grave miopia nei confronti delle aree sensibili e di maggior tutela.
Come motivazione del dissenso viene evidenziato, da parte del Direttore del Parco, il fatto che questo intervento verrebbe realizzato all’interno di un’area protetta che sottostà alle direttive Habitat e rientra nella Rete Natura 2000, ovvero il principale strumento della politica dell’Unione europea per la conservazione della biodiversità.
Queste affermazione sono tragicomiche alla luce di quanto è successo negli ultimi anni e ci chiediamo se sia la stessa direzione politica che ha avvallato l’attività economica di Punta Giglio, la stessa che permise la distruzione di parte della vegetazione prioritaria, la manomissione della roccia calcarea dello sterrato che porta in cima al compendio di Punta Giglio e gli stessi che permisero l’azione di tre caterpillar infischiandosene se questo portava grave disturbo alla fauna del Parco e all’avifauna prioritaria nidificante sulla falesia del compendio.
Una conversione tardiva e sbandierata in modo immotivato.