La laguna del Calik, area da preservare, messa a “repentaglio” dalla prossima realizzazione di un chiosco! Il tutto a seguito di autorizzazione emessa dalla stessa Amministrazione comunale. Non un’esagerazione, ma un problema oggettivo e oggettivamente rilevante segnalato dagli stessi cittadini algheresi ai due portavoce del Movimento Cinque Stelle in Consiglio comunale.
“Al di là della scelta, discutibile a prescindere, analizzando il titolo autorizzativo [link] colpisce che in fase di convocazione della conferenza dei servizi, i rappresentanti degli enti chiamati a tutelare la sicurezza delle persone e il patrimonio ambientale, storico e culturale non abbiano, di fatto, partecipato – spiegano i portavoce pentastellati Roberto Ferrara e Graziano Porcu -. Perché posizionare una struttura del genere proprio sulle rive della laguna ad un passo dal cosiddetto “ponte romano”? Evitiamo di entrare nel merito anche se abbiamo chiaramente una nostra idea, ma certamente possiamo e vogliamo raccontare ai cittadini perché quel chiosco lì non ci dovrebbe essere”.
Da tempo ormai, le cronache e l’attenzione dell’opinione pubblica hanno ad oggetto proprio la laguna del Calik, focalizzandosi in particolare sul fenomeno della marea gialla, in termini di danno prodotto e potenziali cause. Quel che è certo è che in tutte le sedi, quelle scientifiche chiaramente ma anche quelle istituzionali, è emersa forte l’esigenza di salvaguardare quel particolare ambito naturalistico, sensibile, prezioso e quindi da contaminare il meno possibile. E allora, come è possibile anche solo immaginare la possibilità di modificare un ambiente tanto delicato e vincolato, posizionando un manufatto proprio nel cuore dello stesso?
Il PPR individua la laguna del Calik come area di interesse faunistico e oasi permanente di protezione faunistica. L’articolo 39 del testo parla chiaro: “Nelle Aree o risorse di specifico interesse naturalistico è vietato qualunque nuovo intervento edilizio o di modificazione del suolo ed ogni altro intervento, uso o attività, suscettibile di pregiudicare la struttura, la stabilità, la funzionalità o la riconoscibilità e la fruibilità delle risorse che motivano l’interesse naturalistico specifico delle stesse aree”. Il tutto rafforzato da quanto stabilito dalla legge “Galasso” e successive modifiche, che prevede vincoli nello spazio di 300 metri dalla linea di battigia. L’aggravante? Il rischio piene cui la zona potrebbe essere soggetta, come evidenziato dall’aggiornamento del Piano di assetto idrogeologico: a rischio, oltre all’ambiente, sono quindi anche le persone.
“Quanto sopra affermato dovrebbe far presupporre la necessità di avere, in fase di conferenza di servizi, un parere favorevole da parte di tutti gli enti preposti alla tutela dei beni paesaggistici – chiudono Roberto Ferrara e Graziano Porcu -. Ci chiediamo se Enti come il Savi e la Soprintendenza debbano essere chiamati obbligatoriamente a esprimersi o se il silenzio assenso possa valere, considerato che si tratta di procedimenti finalizzati alla tutela del patrimonio culturale, paesaggistico e dell’ambiente. Fatte queste considerazioni, ci auguriamo che gli enti preposti, non intervenuti alla conferenza dei servizi, possano ora valutare con adeguata attenzione il progetto proposto”.